di Giandomenico De Franco

 

Il tema è di quelli caldi, sulle startup si è letto, visto, e ascoltato di tutto in questi ultimi anni: articoli, libri, eventi, convegni , seminari, corsi universitari, ma c’è un aspetto che troppo spesso viene ancora trascurato.

Le aziende in fase di transizione sperimentano tipicamente bassi tassi di successo, e questo è particolarmente vero per le startup in fase di post-incubazione/accelerazione. Il 90% delle startup muore proprio in questa fase, portando dietro di sé una dilapidazione di risorse umane, finanziarie e creative molto importante. Certo, si può affermare che una parte sia stata utilizzata per “costruire l’esperienza” dei promotori, il prezzo pagato è ancora molto oneroso.

In Italia i tassi di fallimento sono più bassi perché la propensione a mantenere in vita le società e più alto, ma se nella definizione di fallimento facciamo rientrare il mancato raggiungimento dell’obiettivo dichiarato allora rientriamo nella media.

 

Un rapido sguardo alle esperienze già fatte

  • Y Combinator, uno dei più importanti acceleratori americani, dichiara che il tasso di insuccesso delle startup incubate è del 88%;
  • la National Venture Capital Association americana stima che il 40% delle imprese finanziate fallisce, il 40% produce ritorni modesti e il 20% o meno ha ritorni importanti;
  • il prof. Shikhar Ghosh di Harvard ha analizzato 2.000 startup che hanno ricevuto finanziamenti dai VC tra il 2004 e il 2010. Tre quarti delle startup non riescono a rimborsare integralmente il capitale investito. In più del 30% dei casi viene perso invece l’intero capitale;
  • la Kauffman Foundation, in un report del 2012, sostiene che nei precedenti dieci anni i fondi di VC hanno avuto in media rendimenti peggiori delle piccole aziende sul mercato azionario;
  • secondo Infocamere (luglio 2016) Su 2.860 startup italiane con bilanci depositati, la metà ha prodotto poco più di 20.000 euro. Ѐ come se per ogni euro di produzione si generassero 15 centesimi di valore aggiunto. Una cifra più bassa rispetto a quella delle società di capitali, che è di 21 centesimi. Se poi andiamo a controllare il registro delle startup innovative ci accorgiamo che ve ne sono tante che di innovativo non hanno niente, come descritto da Wired (http://www.wired.it/economia/start-up/2016/03/18/startup-innovative-italia/), ma come direbbe Lucarelli questa è un’altra storia;
  • secondo la ricerca del progetto Startup Genome, un nutrito database di startup, fondatori ed investitori di tutto il mondo, il 72% dei fondatori di startup scopre che le proprie proprietà intellettuali iniziali non costituiscono un vantaggio competitivo, ma soprattutto che le startup necessitano di due o tre volte in più il tempo che la maggior parte dei fondatori si aspetta per validare il proprio mercato;
  • secondo l’Agenzia Francese per la Creazione d’Impresa (APCE), il 70% dei fallimenti sono causati da ricerche di mercato carenti o mal condotte, e solo il 10% degli imprenditori si avvale di una ricerca di mercato vera e propria. 

 

Ma la ricerca più in voga negli ultimi mesi è quella condotta da CB Insight che, analizzando 101 startup fallite, campione successivamente portato a 178 aziende, ha individuato le principali cause di fallimento. Al primo posto vi è proprio il mancato soddisfacimento di un bisogno di mercato, con il 42% di citazioni. Tanto per capire l’ordine di grandezza, il secondo fattore più citato è la crisi di liquidità, con il 29% di citazioni, ma va da sé che se realizzi qualcosa che non vende non fatturi. 

Seguono poi gli altri fattori quali il team, altri motivi finanziari, il business model, che viene citato a parte, ma anche qui se non soddisfi un bisogno del mercato non vendi, di conseguenza il business model è pura fantasia.

Ad uno dei tanti eventi sulle startup a cui ho partecipato mi è capitato di ascoltare l’esperienza di un ragazzo poco più che ventenne, che pensava di aver sviluppato l’app del secolo, per poi liquidare l’azienda nel giro di due anni. Alla platea consigliava di fare una ricerca di mercato prima di “mettere su un’azienda”, ma non sono molto sicuro che conoscesse bene il senso di quelle parole.

 

 

I nodi vengono al pettine

Dopo aver identificato una grande idea per un business è fondamentale scoprire se il vostro prodotto/servizio è in grado di soddisfare i bisogni della clientela e garantire una crescita sostenibile. Questo processo è noto come la ricerca di mercato. Le ricerche di mercato permettono di conoscere i propri clienti, i loro desideri e bisogni, in modo da poterli soddisfare e far crescere l’azienda nel tempo.

C’è chi pensa che creare una startup significhi mettere un’idea su un’app provando a vedere se qualcuno la scarichi, ignorando del tutto perché qualcuno dovrebbe scaricarla o comprarla, dov’è la proposizione di valore, quali sono i clienti, i mercati, i canali, le risorse chiave che devono essere acquisite, in poche parole tutte risposte che possono essere date dalle ricerche di mercato.

Le ricerche di mercato hanno molti benefici primo fra tutti quello di far aumentare i ricavi insieme alla profittabilità, ed aiutare le aziende:

  • nella scelta dei prodotti o servizi da lanciare sul mercato;
  • nel dare la priorità alle attività operative e di marketing necessarie per individuare e trattenere i clienti;
  • nell’impiegare in modo efficiente la forza vendita e le “operations” sui processi più critici per l’azienda;
  • nel definire la comunicazione più efficace per costruire un’immagine positiva e coerente dell’azienda e del brand;

ma è anche il primo passo per la realizzazione del documento che vi permetterà di presentare il progetto a tutti i potenziali partner e finanziatori: il business plan. E’ solo dopo questo passaggio che sarà possibile costruire delle ipotesi sul mercato potenziale, i ricavi e la redditività, una prima riflessione sui canali di distribuzione e la strategia di business e, contrariamente a quanto si pensi, le regole sono le stesse anche per chi opera nel digitale https://www.bloomberg.com/news/articles/2017-03-08/airbnb-explores-expansion-in-long-term-home-rentals 

E’ opportuno ricordare, soprattutto in questa fase dove tanti giovani aspirano a creare il nuovo unicorno, che il mercato non lo costruisce l’imprenditore, ma i clienti con i loro bisogni, desideri, aspettative, stili di vita.

Concludo con due aforismi che sono solito ripetere nei meeting con i clienti.

 

 

Il rischio nasce dal non sapere cosa stai facendo  

 

E’ meglio accendere una candela che maledire il buio